L'arte di Diego Zeni nasce dal ferro, nel senso più materiale del termine e anche più concreto perché i primi lavori di Diego Zeni sono stati veri e propri assemblaggi, fantasiosi, creativi che non pretendevano di essere scultura, pretendevano semplicemente di divertire e di ritrovare una vena gioiosa nella materia più dura e apparentemente più opaca e cioè il ferro.
Poi pian piano il divertimento è diventato gioco creativo, Il gioco creativo è diventato creatività pura, nel senso che Diego Zeni ha sempre di più unito alla sua capacità di inventare e di ricreare con i materiali esistenti qualcosa di nuovo, ha sempre unito a questa capacità uno spirito meditativo, una capacità di riflessione che è andata via via aumentando.
Questa capacità di riflessione si è esercitata soprattutto sul mondo contadino, sugli strumenti del mondo contadino, strumenti che per certi aspetti appartengono al passato ma che nelle nostre case, nelle nostre zone, nella destra Adige ma non solo, sopravvivono anche nelle attività di molti. Non sono solo oggetti da “museo contadino”, gli oggetti che adopera Zeni, ma va a cercarli anche tra quelli vecchi e abbandonati.
Sono oggetti che fanno parte proprio dell'abitus reale e mentale della nostra gente. Questi oggetti del mondo contadino, Zeni li fa diventare i protagonisti di un mondo surreale, un mondo diverso, di sogno, un mondo che appartiene alla sua invenzione assoluta.
L'esempio che può essere più calzante di questo discorso citando quella saletta esterna, la “saletta delle zappe”. La “saletta delle zappe” è fatta tutta di zappe vere e proprie, cioè le sculture di Zeni sono tutte zappe, non è che ce ne sia una che non sia una zappa, eppure tutte sono diverse, sono tutte diverse, molto diverse tra di loro e sono uniche proprio nel loro genere, pur essendo sempre “la zappa” la protagonista strutturale della scultura, però la scultura ha sempre un volto diverso e rappresenta una visione diversa. Non sono visioni legate all'origine degli oggetti cioè al mondo contadino, sono anche visioni nuove, a volte strane, che aprono una specula su un mondo di sogno, a volte su un mondo di fede, a volte su un mondo di divertita compassione della fatica umana. A volte sono sculture, anche quelle che non abbiamo qui, perché ne ha fatte moltissime Diego Zeni, che in qualche modo partecipano anche alla sofferenza del mondo, insomma sono in generale rappresentazioni di un universo che è il suo ma nel quale è facile entrare.
Sono sculture che ci invitano ad entrare, in un mondo diverso da quello contadino da cui pure partono.
Poi c'è una cosa estremamente originale, nell'ultimo Diego Zeni, diciamo nell'ultimo periodo, quello che abbiamo esaminato anche con il piccolo catalogo che è riprodotto anche in parte in questa mostra, c'è una fuga di Diego Zeni quasi metafisica direi, una fuga proprio verso una cifra dell'oggetto in sé per sé che rappresenta un concetto. Cioè ci sono delle sculture qui che, indipendentemente dai titoli che possono avere, non rappresentano una cosa, una persona, un sentimento particolare, non rappresentano proprio una sintesi concettuale.
Ho in mente per esempio, quella ironica ma nello stesso tempo anche molto pregna di pensiero, come “chiodo fisso” che non c'è qui ma è rappresentata nel libro, nel catalogo, ma ce ne sono altre anche in questa rassegna di Pedersano, che ormai sfuggono da qualsiasi qualificazione realistica e da qualsiasi qualificazione oggettiva.
Per concludere si può dire che Diego Zeni, da molti anni, da circa 30 anni, si dedica al ferro, al ferro come anima del mondo E quest'anima la ritrova in oggetti dimenticati, in oggetti abbandonati, che per lui diventano vivi, non per il lavoro contadino, ma vivi per i sogni dell'uomo moderno, vivi per le fantasie dell'uomo moderno, vivi per le diversioni anche dell'animo e del pensiero dell'uomo moderno. Ci sono anche sculture anche semplicemente divertenti, però ci sono, e sono le più belle, sculture sulle quali sta proseguendo con impegno Diego Zeni, sculture molto impegnative dal punto di vista plastico e sculture molto impegnative anche dal punto di vista del pensiero. Non sono quindi sculture da dopolavoro, o sculture semplicemente decorative, ma sculture che indicano un cammino significativo alla scoperta del proprio sé e della relazione con gli altri attraverso il gesto plastico. È una scultura che è andata molto avanti nel tempo e merita, secondo me, veramente un incoraggiamento sia critico che di pubblico, ma non solo di simpatia, anche proprio per le ragioni che mette in mostra, per la tecnica e per lo sforzo creativo inventivo che in moltissimi di questi pezzi Zeni esprime.
Prima si discuteva, dicendo che ci sono molti artisti al giorno che si cimentano sia con la pittura, con la scultura, e tanti restano ai margini evidentemente dell'attenzione critica come anche della relazione con il pubblico.
Io credo che Diego Zeni meriti da parte nostra un'attenzione più seria, più approfondita, un'attenzione che vada al cuore del suo percorso creativo che è un percorso di rispetto, non è un percorso ludico oppure semplicemente divertente, come può apparire in alcune creazioni, è un percorso che si pone di fronte alle potenzialità di questo tipo di arte che non è né scultura, né pittura, è un'arte particolare la sua.
Ho parlato prima di assemblaggio ma c'è anche qualcosa di più, perché c'è anche la forza, c'è anche intervento proprio del martello, l'intervento delle mani e della forza dell'artista, quindi è un tipo particolare di scultura anche originale dal punto di vista della sua fattura.
Da questo punto di vista, io credo che dovremmo riguardarla non solo con simpatia, come già da tempo facciamo, ma anche con un'attenzione critica maggiore perché può andare avanti moltissimo su questa linea più metafisica, più concettuale che è la linea in qualche modo che emerge con forza dagli ultimi lavori e che interessa, non soltanto noi che conosciamo Diego Zeni da tanto tempo, ma anche altre persone che magari non l'hanno conosciuto prima ma che restano colpiti da questo tipo di arte.
Grazie
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