Nato a Isera il 12 settembre 1950, con animo modesto e generoso, ha vissuto a Isera e Folaso. Le sue doti artistiche sono emerse fin da bambino, già all'età di dieci anni, aveva creato una barchetta con della corteccia di un albero e poi gli era venuta l'idea di girarla e trasformarla in capitello alla veneziana, al suo interno vi aveva messo una Madonnina.
A diciassette anni iniziò a scolpire utilizzando attrezzi di ferro vecchio e pochi anni dopo smontò una lambretta ricotruendo l'intera carrozzeria in ferro battuto. Un'arte innata che si è andata sviluppando ed affinando attraverso gli anni.
Ha frequentato l' Istituto Professionale Industria e Commercio di Rovereto e, sfruttando la sua preparázione scolastica, dal 1970 Zeni ha fatto parlare di sè, partecipando con le sue opere a varie collettive per l'artigianato.
La sua costanza e la sua fantasia creativa ben presto è stata notata e destinata a gare nazionali ed internazionali.
Citando solo i più famosi si possono ricordare i trofei fatti per la premiazione dei primi tre ciclisti classificatisi al "Circuito Internazionale degli Assi», svoltosi a Rovereto nel 1979 e vinto da Francesco Moser, nonchè il trofeo per la gara di fondo "Le 5 Nazioni" a Predazzo e i tre trofei della "XIII Marcialonga" del 1984.
La sua attività artistica é stata notata fin dall'esordio: "L'Adige", "L'Alto Adige" e "Il Gazzettino", ne hanno scritto in piú occasioni. Successivamente ha preso parte ad alcune edizioni della Mostra Artigianale di Rovereto.
In più di cinquantanni ha raccolto vecchi attrezzi rurali e scarti ferrosi per poi assemblarli ricreando sculture popolate dai "fantasmi delle loro vecchie funzioni". Ha esposto in moltissime località del Trentino e le sue opere sono visibili in diversi ambienti pubblici di Rovereto, nel palazzo del Consiglio della provincia di Trento, nel parco di Isera, ma numerose si trovano anche in altre città italiane ed estere.
A partire dagli anni novanta ha concentrato la sua attenzione sugli attrezzi del lavoro rurale del passato a cui ha ridato nuova vita con opere creative e originali. Tanto da creare la sua "Zappette Collection" di ben ventidue zappe, opere che hanno ridato cuore e spiritualità ad arnesi ormai dimenticati.
Nella lavorazione delle sue opere, il ferro viene battuto non a caldo, ma a freddo, con le sue stesse dita.
A sostegno dell'attività di suo zio, fratel Clemente Maino, missionario concezionista che gli
africani chiamavano Dokita, ha dato vita ad una vera linea di originali gioielli e accessori partendo dall'oggetto di uso più
quotidiano, la forchetta, facendo nascere "PironArt" (dal dialettale "pirona") che ha presentato in varie occasioni espositive riuscendo così a raccogliere fondi per i poveri dell'Africa.
Purtoppo Diego ci ha lasciati il 29 maggio 2025.
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L'Adige - "Addio a Diego Zeni l'artista del ferro tra zappe e chiodi" (31/05/2025):
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